Psicologia, Psicologia Forense

Come funziona il ricordo? Processi ed errori di memoria

di Valentina Ferrara

La memoria è una delle funzioni basilari della nostra mente e della nostra vita permettendoci di avere una storia e un’identità, di compiere quotidianamente azioni fondamentali per la nostra sopravvivenza tramite informazioni acquisite con l’esperienza e recuperate all’occorrenza in situazioni simili. Tali informazioni vengono conservate anche per tempi molto lunghi in un tipo di memoria che viene chiamata appunto memoria a lungo termine (M.L.T.).

Nella memoria a lungo termine le informazioni vengono raggruppate in base alla tipologia di ricordo e alla loro funzione andando a costituire delle sotto strutture di memoria: abbiamo per esempio le informazioni inerenti la nostra identità, la nostra storia di vita, le nostre caratteristiche che vanno a costituire quella porzione di memoria cosiddetta autobiografica la perdita della quale va a determinare la perdita della propria identità e del proprio senso di sé. La memoria costituita da eventi ed episodi collocati nello spazio e nel tempo costituisce la cosiddetta memoria episodica che raccoglie tutti i fatti e gli eventi vissuti in prima persona nella vita quotidiana. La memoria che invece dà forma e contenuto a quella episodica riempiendo questi eventi di significato e determinandone quindi rappresentazioni in memoria di concetti costituisce la memoria semantica.

Questi concetti vengono chiamati schemi e script: gli schemi sono delle strutture concettuali con caratteristiche che li identificano e che si attivano quando si pensa a quel dato concetto, gli script sono invece delle rappresentazioni concettuali di eventi sociali anch’essi con delle caratteristiche peculiari che si attivano quando si richiama lo specifico script che rappresentano. Quando invece parliamo di memoria procedurale identifichiamo quell’insieme di episodi che ci permettono di svolgere procedure o azioni quotidiane in modo automatico e inconsapevole. La memoria episodica e quella semantica costituiscono la cosiddetta memoria dichiarativa.

Oltre che per il suo contenuto la memoria può essere distinta in base al tempo in cui la traccia mnemonica resta in memoria; per questo possiamo identificare principalmente tre registri di memoria: memoria sensoriale, memoria a breve termine (o memoria di lavoro) e memoria a lungo termine. Questo modello fu proposto da Atkinson e Shiffrin del 1968, poi ulteriormente sviluppato e approfondito da Tulving che lo ampliò ipotizzando l’esistenza di sotto registri nella memoria a lungo termine.

La memoria sensoriale corrisponde alla capacità di acquisizione e trasmissione del segnale che entra nel sistema, potrebbe essere paragonata alla capacità di registrazione di un dato stimolo. La memoria a breve termine interviene subito dopo quella sensoriale, ha una capacità di 7 elementi + o – 2 ed una persistenza del ricordo che non supera i 15 – 30 secondi, è un meccanismo che entra in gioco in modo automatico e senza sforzo per il soggetto. Con la ripetizione questa traccia mnemonica può essere mantenuta nel tempo passando nel registro della memoria a lungo termine altrimenti decade e si perde. Un meccanismo ancora più stabile e profondo della ripetizione per mantenere la traccia nella memoria a lungo termine è la ricodificazione del segnale in termini semantici o di significato che va a costituire una sorta di sintesi del ricordo con dei punti di aggancio per poterlo rievocare successivamente.

I processi di memoria rappresentano le modalità con cui a partire dall’informazione reale si giunge al ricordo.

Il primo processo attivato dalla memoria è quello di codifica. Tecnicamente il processo di codifica è finalizzato a recuperare dall’informazione quelle caratteristiche che servono per la sua classificazione attraverso il confronto con le informazioni già presenti in memoria e consiste nel trasformare i dati sensoriali in una rappresentazione mentale.

Dopo la codifica avviene il processo di ritenzione, cioè quel meccanismo che permette all’informazione di essere mantenuta nel tempo; questo mantenimento è facilitato dall’utilizzo dell’informazione e dalla ripetizione periodica.

Il processo che permette invece di utilizzare l’informazione e di estrapolarla dalla memoria viene detto recupero e può avvenire o mediante il richiamo libero, riproducendo attivamente l’informazione in memoria ricostruendola come accadde negli identikit o negli interrogatori o mediante il riconoscimento, cioè facendo un confronto tra lo stimolo proposto e quello incamerato in memoria come avviene nel confronto tra persone sospettate. Quando una persona non riesce a ricordare qualcosa questo può dipendere da un difetto in uno dei tre meccanismi di memoria o in più di uno:

  • può non aver acquisito bene l’informazione (codifica);
  • può non averla ben registrata e mantenuta (ritenzione);
  • può non riuscire a recuperarla (recupero).

Un concetto fondamentale che riguarda il confronto tra l’evento reale e il suo ricordo è che l’informazione ambientale entra attraverso i canali percettivi all’interno del sistema cognitivo in forma diversa da com’è presente realmente, viene infatti immediatamente trasformata e modificata già quando entra nella memoria a breve termine (M.B.T.), cioè in quel sistema di memoria deputato ad immagazzinare per un breve periodo di tempo un limitato numero di informazioni prima che queste entrino nel magazzino della memoria a lungo termine. Già nella M.B.T. le informazioni perdono gran parte dei loro dettagli mantenendo solo quelli relativi al canale percettivo tramite cui sono state codificate, successivamente, entrando nella M. L. T. perdono anche questa informazione.

Uno dei primi approcci teorici sui modelli di memoria è quello associazionistico, che vede la memoria come un sistema di raccolta e immagazzinamento delle informazioni a partire dalla connessione neurologica tra due stimoli che si presentano contiguamente l’uno all’altro. La memorizzazione avviene quindi in modo passivo rispetto all’approccio strutturalista che vede la memoria come un processo di costruzione con la partecipazione attiva del soggetto. Questa costruzione integra l’informazione in arrivo con quella già immagazzinata in memoria in modo tale che ogni soggetto abbia una propria ricostruzione mnemonica di un evento. Il principale esponente di questo approccio, Frederick Bartlett, ha studiato i principali processi di trasformazione attiva del ricordo rispetto al dato di partenza identificandone tre:

  • Omissione dei dettagli: specie quelli ritenuti incoerenti dal soggetto rispetto alla comprensione dell’informazione ricevuta;
  • Razionalizzazione: al fine di rendere coerente la storia il più possibile vengono inseriti degli elementi nuovi che integrino e interconnettano i dati ricevuti;
  • Alterazione di ordine, di rilievo o di accento: in genere in rapporto alle esperienze passate del soggetto.

Oltre a questi elementi di distorsione del ricordo possiamo includere anche le distorsioni di tipo emotivo o affettivo, come avviene per esempio nella ricostruzione di eventi traumatici e carichi emotivamente o in seguito a suggestione indotta in un colloquio mal condotto.

Negli anni successivi si svilupparono nuovi modelli di memoria come l’information processing (HIP), che vede la mente come un vero e proprio calcolatore elettronico, alla stregua di un computer, e i processi ad esso inerenti simili a quelli cibernetici. Secondo la prospettiva dell’HIP il passaggio delle informazioni attraverso il sistema cognitivo inizia con un input e termina con un output e tra questi due processi l’informazione viene trasformata e modificata cosicché il messaggio in entrata è diverso da quello in uscita. Successivamente negli anni ’70 prese piede il modello cognitivista che sottolinea l’importanza dell’ambiente naturale nello studio dei processi cognitivi dell’individuo e quindi l’utilizzo di stimoli naturali nello studio della memoria invece di quelli artificiali come nell’approccio precedente. Lo studio della memoria avviene dal punto di vista strutturale, funzionale e di capacità identificando quindi i differenti moduli che costituiscono la memoria, la loro capacità e la loro distinta funzione.

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