
di Valentina Ferrara
Quando la scuola si trova di fronte a situazioni di bullismo, segnalate dai genitori o venendone a conoscenza direttamente da alunni e/o personale scolastico, possono attuarsi le seguenti reazioni
- Negazione: “ma no, si tratta di ragazzate”, “alle elementari non può esserci bullismo, sono troppo piccoli”, “mio figlio non lo farebbe mai!”, “sono solo litigate tra bambini, faranno pace”, “signora, suo figlio si lamenta troppo”, “ma no Giuseppe, vedrai che non lo fanno con cattiveria, cerca di resistere un pochino, non prendertela, lasciali stare”…
- Allarmismo: “dobbiamo assolutamente fare una denuncia alle Forze dell’Ordine”, “quello che fate è gravissimo, verrete mandati in prigione!”…
- Colpevolizzazione della vittima: “Andrea sei tu che li provochi”, “signora suo figlio se la cerca, è così insicuro”, “ma no signora, sua figlia viene presa in giro solo perché non è molto popolare”….
Queste reazioni possono essere considerate delle vere e proprie difese contro la consapevolezza del fenomeno e quindi la corretta presa in carico.
Nel primo caso quello che si ottiene è di permettere la perpetrazione del fenomeno, la cronicizzazione del malessere per la vittima con sfiducia nel sistema scolastico e nel mondo degli adulti in generale, inoltre il bullo si sente legittimato a continuare con il suo comportamento e portato ad “alzare il tiro” rischiando di mettere la vittima in situazioni di pericolo. Inoltre in questo modo la scuola non si assume il ruolo che le compete di tutela degli alunni e di educazione alla legalità
Nel secondo caso si rischia di attuare una strategia non funzionale, basata unicamente sulla punizione e non sulla comprensione delle dinamiche sottostanti, che risulta pertanto inefficace.
Nel terzo caso si rischia di accentuare ancora di più gli effetti della negazione sulla vittima e sul bullo intaccando a livello identitario l’autostima della vittima e contribuendo all’accrescimento del malessere con conseguenze anche molto gravi.
Quali tipi di intervento?
L’aspetto più importante dell’intervento nei casi di bullismo è senza dubbio la cooperazione e collaborazione tra livelli diversi, nello specifico tra scuola, famiglia e servizi sul territorio.
Questo lavoro di rete è FONDAMENTALE per agire su tutti gli aspetti implicati nella dinamica di bullismo in modo efficace. Una volta instaurato un rapporto di collaborazione, riconoscimento del ruolo e fiducia, i passi utili da attuare sono:
- Informazione/prevenzione:
il primo elemento indispensabile per la presa in carico è il fare formazione e dare informazioni sul bullismo: solo se si conosce il fenomeno si può intervenire. La formazione è indirizzata al personale scolastico (insegnanti, ATA, Dirigente Scolastico….), ai genitori, agli studenti.
Per i ragazzi sarebbe opportuno realizzare interventi di prevenzione primaria attraverso attività che favoriscano la pro-socialità, la socializzazione, la legalità ma anche l’espressione emotiva, la mentalizzazione. Attività e laboratori esperienziali ad hoc costituiscono un’ottima risorsa per la scuola.
- Responsabilizzazione:
passo successivo è riconoscere ad ogni attore il proprio ruolo e la propria responsabilità, la scuola (il Dirigente Scolastico) rappresenta la figura di riferimento a cui rivolgersi per segnalare il bullismo, egli in quanto Pubblico Ufficiale è obbligato ad intervenire e a prendere provvedimenti idonei alla risoluzione del problema.
Le famiglie devono essere coinvolte e responsabilizzate (non colpevolizzate) rispetto ai comportamenti dei propri figli in modo da diventare una risorsa utile sia a livello educativo che disciplinare.
I bulli devono poter sperimentare le conseguenze delle loro azioni e potersi sentire parte attiva nella risoluzione del problema.
- Educazione:
Fondamentale è che, accanto ad interventi di tipo disciplinare, siano presenti soprattutto interventi di tipo educativo affinché ci sia in primis una presa di coscienza di quelle che sono le azioni commesse e le conseguenze sulla vittima e sia data anche ai bulli la possibilità di riparare quanto da loro commesso.
Perché collaborare?
La collaborazione tra scuola e famiglia (così come l’alleanza tra i due genitori nel sistema familiare):
- restituisce un messaggio educativo forte e coerente che diventa altamente efficace a breve e lungo termine poiché quello che passa è che entrambi i contesti siano allineati sugli stessi valori e obiettivi;
- accresce la fiducia degli alunni verso chi si deve prendere cura di loro e gli insegna che chiedere aiuto è efficace;
- il dialogo con i ragazzi favorisce la creazione di relazioni significative sicure tra genitori e figli e tra alunni e insegnanti sviluppando al contempo le capacità di riconoscemento dell’Altro da sé;
I Servizi sul territorio come risorsa:
I Servizi sul territorio, le associazioni e i professionisti che si occupano di bullismo rappresentano un altro elemento indispensabile della rete, nei casi più gravi nei quali la vittima risulti essere in una situazione ad alto rischio, un supporto psicologico o psicoeducativo può rappresentare una risorsa utile ad accogliere la sofferenza e al contempo a lavorare sulle risorse interne dell’individuo.
Qualora si riscontrassero fattori di rischio anche per il bullo, un’adeguata presa in carico rappresenta oltre che un valido riconoscimento del malessere personale che ogni attore porta nella dinamica (anche il bullo!) ma anche un contributo preventivo rispetto al perpetrarsi del comportamento abusate e di conseguenze psicopatologiche a lungo termine.
Le strutture esterne esperte in bullismo possono rappresentare un valido supporto alla scuola per aiutarla nella gestione pratica della situazione e nel fornire o identificare risorse interne efficaci.
- Supporto alla vittima:
la presa in carico della vittima diventa talvolta necessaria quando il malessere si cronicizza e può rappresentare fattore di rischio per comportamenti autolesivi, tentativo di suicidio e psicopatologia. I Servizi Pubblici forniscono aiuto su vari livelli aiutando la vittima ad elaborare quanto accaduto, a lavorare sulle proprie risorse interne e a sviluppare assertività.
- Presa in carico del bullo:
Il bullo è un bambino che a sua volta ha bisogno di essere supportato. Spesso la sua aggressività rappresenta un chiaro segnale di un disagio nascosto che se non gestito adeguatamente può portare a conseguenze negative per il bambino e per il contesto relazionale in cui è inserito.
Ma come si lavora sul bullo?
Innanzi tutto bisogna lavorare sull’educazione emotiva, insegnare al bambino quali emozioni sta provando in quel momento a partire dal suo riconoscimento e poi dall’apprendere modalità funzionali di espressione delle stesse, questo apprendimento avviene all’interno di una relazione positiva con l’altro in cui l’adulto riconosce, accoglie e restituisce un pensiero su quell’emozione, anche quella della rabbia che solitamente viene considerata negativa ma che invece risulta importante come tutte le altre emozioni, se espressa adeguatamente.
Un lavoro molto importante è anche quello sull’empatia e sulla mentalizzazione, cioè sul riconoscimento degli stati mentali propri e dell’altro. È importante che il bullo impari a riconoscere i vissuti emotivi dell’altro e le sue intenzioni per sviluppare un buon processo di mentalizzazione e di empatia, fondamentali per la creazione e il mantenimento di relazioni positive.
Supporto alle famiglie:
Anche le famiglie dei bambini coinvolti devono essere inserite in un programma di supporto. Quella della vittima dovrebbe essere accolte nella sua sofferenza e senso di impotenza, aiutandola a comprendere il suo contributo e il suo ruolo nel supportare il figlio. La famiglia del bullo dovrebbe invece essere aiutata in primis a riconoscere la responsabilità del proprio figlio alla creazione della dinamica disfunzionale, ad accettare la propria responsabilità come genitore e soprattutto come risorsa per contenere e supportare il bullo. Spesso i vissuti di queste famiglie sono la colpevolizzazione o la negazione, fondamentale è aiutare a comprendere come entrambi questi vissuti portino ad una condizione di impasse che non aiuta la risoluzione, la colpevolizzazione blocca l’azione e porta ad un ripiegamento su se stessa, la negazione porta a spostare la responsabilità all’esterno e a non identificare il problema.
Supporto alla scuola:
Anche le insegnanti possono essere aiutate nella gestione della problematica, spesso l’angoscia e il senso di impotenza portano alla negazione del problema e quindi ad una mancata risoluzione con una conseguente esasperazione della problematica. Se la scuola viene adeguatamente supportata può diventare un’ottima alleata della famiglia, si possono realizzare sia incontri di sensibilizzazione e formazione alla gestione del gruppo classe, sia interventi mirati su situazioni già in essere, con il supporto dei professionisti specializzati.
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